venerdì 16 settembre 2016

DAVVERO IL PROBLEMA SONO I COMPITI ESTIVI?

"mangia le verdure"
"lavati i denti"
"metti a posto le tue cose"
"fai i compiti"

Ancora una volta prendo spunto da un altro commento (che trovate qui) e dico la mia.
La vicenda è rimbalzata ovunque in questi giorni, grazie ai social e ai giornali(sti), che invece di andare a caccia di notizie nel mondo, la prendono corta e seguono i like.
Un padre il primo giorno di scuola scrive alle maestre di suo figlio per dire loro che il bimbo non ha fatto i compiti perchè lo ha deciso lui come adulto. Adduce ragioni quali esperienze più "meritevoli", seguire i propri interessi, fare cose più interessanti.
Probabilmente sono una mamma fortunata, ma mio figlio - come tutti gli anni - è riuscito a fare i compiti e contemporaneamente tante belle cose estive: vacanze, piscina, nell'orto con i nonni, leggere libri e fumetti a suo piacimento, stare con gli amici. Il tutto facendo non più di mezz'ora di compiti al giorno e finendo il tutto (in autogestione con la qualità che lui ha ritenuto sufficiente) a fine luglio.
Certo, ho dovuto richiamarlo quando non li faceva, fare pressione perchè mantenesse una certa regolarità (ha 10 anni ed è un bambino normale, grazie a dio) ma questo è il mio ruolo di genitore.
Il punto non è "i compiti sono giusti o sbagliati" ma lui ha ricevuto un incarico (a misura di bambino) e anche se non gli piaceva lo ha portato a termine. Per rispetto nei confronti dell'insegnante, degli altri bambini e genitori.
Questo gli ho insegnato chiedendogli di fare i compiti.
Per me questa è una lezione di vita: non far fare i compiti perchè non sono interessanti mi suona come il non fargli mangiare la verdura perchè non gli piace o lasciare che puzzi come un caprone perchè non vuole fare la doccia.
Nel percorso di vita di una persona ci sono cose piacevoli e spiacevoli, quelle spiacevoli a volte sono da fare a prescindere, per il solo fatto che viviamo in comunità.
Ho letto di "ordini", di "scuola non adeguata", qualcuno che ha scomodato persino il concetto di "disobbedienza civile".
Ma queste sono opinioni che fanno parte di una relazione di dialogo tra adulti. Come genitore non sono d'accordo con l'insegnante? Prendo un appuntamento e manifesto a lei le mie intenzioni direttamente, prima del gesto, non lo faccio tramite una lettera manifestatamente pubblicata per ottenere notorietà e non per iniziare un dialogo costruttivo.
Forse il padre in questione ha una professione che lo espone meno alle decisioni altrui rispetto a me, ma se penso a mio figlio inserito in un tessuto professionale normale in futuro, il fatto che ci possa essere qualcuno che gli darà compiti rispetto ai quali potrà non essere d'accordo mi sembra cosa normale.
E allora perchè non insegnare loro ad affrontare tutto questo da piccoli?
Certo, poi ci sono anche le cose per cui alzare la testa, la voce, mettersi di traverso, fare "casino" perchè non lo troviamo giusto.
Ma ogni cosa va affrontata correttamente e con i propri strumenti, consci delle relative conseguenze.
A 14 anni deciderà di non fare i compiti e affronterà la cosa da solo con il proprio professore? Avrà una maturità diversa, sarà una decisione sua e accetterà la risposta dell'insegnante in questione di conseguenza.
Ma a casa troverà una madre, non troverà comprensione o compassione. Una madre che gli dirà cosa ne pensa e cosa avrebbe fatto al suo posto, cosa è dipendente dalle sue decisioni a prescindere da giusto o sbagliato. Quale è il suo ruolo come alunno e quale il ruolo dell'insegnante. E la mia volontà (già espressa più volte anche alle elementari) di rispettare questi ruoli, fino al punto di sentirmi rinfacciare "per te ha sempre ragione la maestra".
E dare fondo ogni volta alla mia pazienza, rispiegando che la maestra ha le sue ragioni che a volte nè io nè lui possiamo capire e se non siamo d'accordo possiamo chiedere spiegazioni. E anche se non ha ragione, in quella veste è l'adulto di riferimento e per questo va rispettato.
Poi ci sono i miei pensieri, i miei conflitti, i miei confronti con loro che a casa non vengono riportati. Ma questa è una cosa tra me e loro: io mi faccio portavoce dei suoi eventuali disagi, non uso lui contro le maestre e non uso le maestre per protestare contro la scuola!
Io decido - coscientemente - di insegnare a mio figlio la responsabilità e il rispetto.
Per questo se la maestra chiede di fare i compiti, lui farà i compiti.
E nel mio piccolo aspetto con ansia la prossima estate quando alla fine della quinta i compiti non li dovrà fare (quindi si, sono contraria ai compiti estivi... così come vorrei che la Nutella fosse sana, che le patatine fritte contassero come verdure e che la casa si riordinasse quando schiocco le dita!).

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